C’è un fatto tecnico preliminare, cui forse ho accennato, e che posso affrontare nel merito fino ad un certo punto, derivante dal tempo che ci ho perso a cercare di capire e farmi spiegare dai tecnici, non essendo io un fisico nucleare.
La percentuale di arricchimento dell’uranio necessaria a usi civili in un certo senso non esiste: in nessun protocollo del tnp si esplicita una percentuale di arricchimento massimo, ma è un dato il fatto che a partire dal 90% si può (anche) andare verso una bomba. Recentemente un professore di impianti nucleari dell’università di Torino, Massimo Zucchetti, che ha partecipato ai colloqui che hanno portato al Jcpoa del 2015, rilevava che le bombe atomiche non si fanno più come un tempo, perché è più dispendioso e lento, meno efficiente ecc, ma si usa appunto il plutonio. Ma si può fare in linea di principio.
Questo per ribadire come l’accordo del 2015 sia stato in realtà un capolavoro dal punto di vista occidentale, nonché un accordo a perdere per l’Iran, che si è ritrovato ad essere l’unico firmatario del tnp sottoposto a ispezioni aggiuntive (a sorpresa) sistematiche, che ha rinunciato ad alcuni diritti sanciti in quanto firmatario, e che soprattutto si è visto “fissare” - metter per iscritto - per la prima volta nella storia una percentuale massima di arricchimento, cioè il 3%.
E’ difficile rispondere alla domanda “l’Iran oggi potrebbe aver deciso di avere un programma a fini militari?”, ma considerando le ispezioni dell’aiea a me pare ragionevole credere che la risposta sia no. Ricordiamoci che non solo Israele ma tutte le potenze regionali non sarebbero d’accordo con un Iran armato di una bomba atomica. Teheran, non potendo utilizzare una bomba come deterrente come fa la nord Corea, ha utilizzato come deterrente la propria ambiguità sul programma. Come a dire: non attaccateci perché non sapete cosa abbiamo qui. È sempre stata una delle assicurazioni sulla propria sovranità, perché appunto sappiamo che l’Iran dal 79 fa i conti con gli usa che con ogni amministrazione non esclude mai (in modo esplicito) l’opzione del regime change in Iran.
L’altra era la sua profondità strategica, le “proxies”, in grado di spostare il conflitto lontano dal confine e anche li, di minacciare instabilità in caso di ingerenze o altro. L’altra ancora è il programma missilistico, iniziato in totale autarchia dopo la guerra Iran Iraq, avendo preso atto che il mondo intero aveva guardato (e tifato, e sostenuto) Saddam Hussein bombardare le città iraniane (anche con le armi chimiche), che erano senza difese aeree e senza missili.
Continuo a credere anche al di là della celebre fatwa di khamenei che vieta le armi nucleari (e’ curioso come i nostri media tendano a ritenere credibili e affidabili le fatawa dei religiosi, quando stabiliscono qualcosa che conviene alla nostra narrazione, e poi considerino “fuffa” o falsa quella di khamenei sulle armi nucleari) che l’Iran non voglia una bomba ma voglia costruire la sua architettura di sicurezza sopratutto con un programma missilistico, mantenendosi non lontana dalla soglia X di arricchimento uranio, in modo appunto da poter usare quella citata ambiguità rispetto all’ottenimento di un ordigno.
Questo ovviamente fino ad oggi. La situazione è tuttavia fluida, e credo siamo vicini al ritiro dell’iran dal Tnp. Non è dato sapere se gli alti quadri militari - più che khamenei - abbiano cambiato idea.